Cantare, cantare, cantare. Davanti ai problemi bisognerebbe solo cantare. Indossare il nostro più bel vestito e fare uscire tutte quelle note, anche stonate, che compongono la nostra vita. Così potremmo sentirci liberi, almeno per po'. Esibirci sul ritmo di un'emozione che può diventare comune, condivisa, universale.
Una settimana fa si è conclusa la 71esima edizione del Festival di Sanremo. E tutti, almeno per cinque sere, ci siamo sentiti liberi, accolti, capiti. Abbiamo lasciato dietro le porte delle nostre case tutti i nostri problemi e ci siamo immersi nell'ascolto di canzoni che ci hanno ricordato chi siamo, cosa pensiamo, come viviamo, o come vorremmo vivere. Ci hanno indicato un sentiero, quel sentiero, della speranza di poter vivere, un giorno, la vita che ci eravamo prefissati. Quella vita che, ormai un anno fa, abbiamo lasciato chissà dove e chissà come.
Ma, l'esibizione di 26 cantanti davanti ad una platea vuota è stata la svolta: un inno alla vita, all'amore e a noi, uomini che hanno bisogno di emozionarsi, di ridere, di sentirsi vivi, ancora vivi. Chi di noi non ha ballato, cantato, pianto o pensato di voler realmente riprendere in mano la propria vita? Certo, il periodo per farlo non è dei migliori e ci stronca sul nascere. Eppure, noi tendiamo alla vita. Noi vogliamo vivere la vita. Vogliamo assaporare ogni suo attimo, ogni sua bellezza, ogni sua straordinaria magia. Vogliamo prenderci tutto ciò che ha da offrirci.
Ogni mattina, infatti, ci svegliamo con l'augurio che sia una giornata diversa, migliore. Forse siamo pronti ad accogliere un cambiamento? Forse ci sentiamo di giorno in giorno più forti? O, magari, siamo solo stanchi della nostra monotonia e vorremmo finisse presto. Ogni cambiamento, però, deve partire e partirà sempre da noi e grazie a noi. Come la nota di una canzone. Siamo noi ad intonarla. Ed è grazie a noi se anche gli altri possono cantarla.
Ma, come canta Arisa nella sua canzone "Potevamo fare di più",
Noi dove potremmo mai andare senza uno scopo, senza una luce che ci guidi per non perdere il coraggio? Ha senso partire senza sapere "per dove"? Probabilmente la risposta è già dentro di noi; servirebbe soltanto darle un po' di spazio per emergere. E assumerci la responsabilità dei nostri pensieri, qualunque essi siano.
La nostra canzone, oggi, è quell'emozione che avvertiamo nello stomaco, dentro di noi. È quel pugnale che ci attraversa senza farci del male. O forse sì. Ci fa del male perché ci ricorda che noi, ora, qui, possiamo fare, fare qualsiasi cosa ma agire, non restare immobili. Anche noi possiamo scendere quelle famigerate scale dell'Ariston e cantare davanti ad una platea vuota. Perché non importa chi abbiamo davanti, ma importa i cuori che riusciamo a raggiungere. E se, oggi, volessimo ascoltare ancora una canzone, è per sentirci vivi, sempre più vivi. Ed è questo il dono più grande.