Ogni barca ha la sua vela. Ogni nave ha la sua vela. Vela che sfrutta l’energia cinetica del vento, e genera una spinta necessaria al movimento della barca stessa. Ogni uomo ha la sua vela. Vela che spesso viene taciuta, nascosta, sotterrata. Vela che, se venisse svelata, farebbe troppa paura. Paura di muoversi, e cadere. Paura di non essere abbastanza, per quella vela. Paura che anche quella vela ci abbandoni, lasciandoci annaspare in acque fredde e senza confini. Perché, ogni vela svelata, rappresenta un nuovo cambiamento, una nuova azione da compiere, una nuova versione di sé da raggiungere.
Arthur Schopenhauer parlava del “velo di Maya” come di un filtro che nasconde la realtà delle cose. Solo spostando questo velo, o strappandolo, è possibile accedere alla realtà. Quella che gli uomini credono di vivere non è la realtà, ma una finzione. Una finzione che dura, finché dura anche il velo di Maya. È un po’ come un vetro appannato dal calore. Quello che c'è al di là del vetro, non lo si può vedere, ma solo immaginare. L'esistenza ci appare sfocata, senza dei confini definiti. Solo quando togliamo quello strato di vapore acqueo che sporca il vetro, e lo impregniamo sulle nostre dita, possiamo vedere l’oltre, l’indefinito, l'infinito.
Ogni volta che l'estate bussa alla porta, trascina con sé sentimenti contrastanti, una completa compartimentalizzazione. Arriva il tempo in cui la scuola finisce, le lezioni finiscono, e, con lei, è come se finissero tutti i legami costruiti lì dentro. Arriva il tempo in cui è possibile stare un po’ di più con sé stessi, dedicarsi a sé stessi. Ma, questo tempo, lo rifuggiamo sempre, accuratamente. Ci riempiamo di cose da fare, di luoghi da visitare, solo per evitare di vedere quello che ci fa più paura: noi stessi. I nostri vuoti, le nostre mancanze, le nostre ferite, la nostra angoscia le releghiamo ad una parte recondita di noi stessi, lontana quanto basta per non intaccare la nostra apparente stabilità.
Eppure, è proprio l'instabilità che ci tiene in equilibrio, pronti a scattare, pronti a reagire davanti alle intemperie della vita. Vita che spesso non capiamo. Vita che tante volte malediciamo. Vita che ci sembra sempre troppo lontana da quella che vorremmo vivere. È uno dei compiti più difficili, vivere la vita. Perché, per vivere la vita, dobbiamo prima vivere noi stessi. Dobbiamo viverci nella nostalgia che sentiamo quando perdiamo qualcosa, o qualcuno. Dobbiamo viverci nella paura di non potercela fare. Dobbiamo viverci negli occhi severi, e scrutatori, di chi ci giudica costantemente. Dobbiamo viverci nelle nostre mille sfumature, in quei giorni che ci sembrano così grigi, in cui vorremmo solo poter mettere in pausa il mondo.
Una famosa frase di Seneca recita:
Non possiamo dirigere il vento, ma possiamo orientare le vele.
Dispiegare le proprie vele significa dispiegare la propria vita. Dispiegare le proprie vele significa svelare sé stessi, le proprie maschere, il nucleo autentico della propria persona. I venti ci sono, e ci saranno sempre. Venti che scombussolano i piani. Venti che intonano una canzone stonata. Venti che spostano le onde contro di noi, facendoci cavalcare quelle più alte, o quelle sbagliate. Ma, nessun vento sarà in grado di fermare la forza aerodinamica che produce la vela. Anzi, è proprio il vento che, girando attorno alla vela, genera la forza necessaria a far muovere la barca, di cui la vela si nutre. Noi stessi siamo tante vele, abbiamo tante vele. Vele che potrebbero volare, ma rimangono ancorate a terra per paura di spezzarsi.
Rincorriamo per anni venti sbagliati, pensando che siano quelli giusti, e lasciamo da parte i venti che sono lì, proprio per noi, solo per noi. Viviamo come se avessimo costantemente un velo. Ci illudiamo che la vera vita sia rappresentata dai disegni fatti con il vapore acqueo che si posa sui vetri, senza sforzarci di guardare un po’ più avanti del nostro naso. Avanziamo con le vele rotte, lasciando da parte quelle intatte. Ma, dall'altro lato del mare, c’è sempre qualcuno pronto ad accoglierci, ad ascoltarci, a riparare insieme a noi le nostre vele rotte. Dall'altro lato del mare c’è sempre qualcuno pronto a farci spiegare le nostre vele, senza avere più paura del vento. Dall'altro lato del mare c’è sempre qualcuno che è presente, che rimane, senza che glielo chiediamo: basta avere due occhi per guardare, e un cuore pronto ad amare.