Per Candido Munafò, giovane mite, testardo e riflessivo, «le cose sono sempre semplici». E sarà appunto il suo desiderio di nominare le cose con il loro nome a procurargli le varie disavventure della sua vita, il cui racconto si articola in una serie di capitoletti che rimandano al "Candide" di Voltaire.
La forma del conte philosophique, particolarmente congeniale a Sciascia, gli permette di assumere la giusta distanza – e dà un passo leggero, aereo a questo libro, che è forse anche il più intimo e segreto fra tutti i suoi romanzi.