Sin dalle prime pagine dello "Zibaldone" Leopardi è interessato ad analizzare la vera natura dell'amor proprio e dell'amor patrio. Gli è subito chiaro che per comprendere i meccanismi della società bisognerà valutare con grande attenzione questi due concetti, alla cui base si scopre immancabilmente un elemento sconcertante: l'odio, retaggio ancestrale dell'uomo espulso dal secolo d'oro e dalle favole antiche. Il volume esamina la concezione filosofico-politica dell'odio, mettendo in luce le fonti leopardiane sull'argomento: da Polibio a Sallustio, da Machiavelli a Montesquieu, oltre all'immancabile Rousseau. Ma, eliminata la possibilità di un odio che salvi paradossalmente la società dagli effetti dell'egoismo e della strage delle illusioni, si fa largo nell'ultimo Leopardi una valutazione attenta dell'amore: atto di solidarietà politica, gesto consapevole di altruismo e di eroica sopportazione della vita che culmina nell'immagine del fiore del deserto.