“Il giro dell’oca” di Erri De Luca è un libro talmente intimo che leggerlo sembra violare un momento, svelarlo al mondo. Il romanzo è il dialogo forte e serrato di un padre con il figlio che non ha mai avuto, con quella vita che non è nata molti anni prima, per scelta.
Molti anni prima, il protagonista e la sua compagna del tempo decisero che lei non avrebbe tenuto il bambino che aspettava. Una notte d’inverno, però, leggendo Pinocchio alla luce fioca del camino, il protagonista sente accanto a sé la presenza di quel figlio mai nato. Un istante gli basta per recuperare gli anni di paternità mancata e per fare di quel figlio virtuale e oramai ventenne il confidente di una vita. Il libro abbandona così il registro monologico in favore del dialogo a due, dove nel botta e risposta tra un padre e il suo ragazzo, il protagonista si svela. L’infanzia a Napoli, la nostalgia verso i genitori, le guerre e i sogni mai realizzati, gli amori passati, primo fra tutti quello grande e controverso verso la madre del ragazzo. È poi il padre a interrogare il figlio sulle scelte che ha fatto e sui suoi pentimenti, sui libri che ha letto e su quelli che gli sono piaciuti e su cosa desidera davvero. Il desiderio che quel figlio fantasma sia felice diventa reale, diventa pagina scritta, forte, commovente e credibile. “Il giro dell’oca” è tutto questo: una paternità riguadagnata, che in una notte davanti al camino prende forma, trasformandosi in racconto.